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Il conformismo ideologico della classe docente prova a silenziare Giorgio Bianchi




Sono un insegnante di diritto e di educazione civica in un Istituto superiore di Milano, il Marie Curie/Piero Sraffa. Insegno da oltre trent’anni ed ho sempre avuto la “fissa” della Costituzione e soprattutto dei diritti di libertà contenuti nella nostra Carta costituzionale, di cui devo parlare continuamente ai miei studenti. Credo fermamente che tali diritti siano il sale della democrazia e che se venissero compressi, o addirittura cancellati, noi entreremmo in una situazione che dovremmo definire dittatoriale. Credo che il nostro compito di docenti, e in particolare di docenti di discipline giuridiche, sia quello di far conoscere tali diritti, ma anche di dare la possibilità di esercitarli, di applicarli in modo concreto.

Questo è il motivo per il quale ho invitato il fotoreporter Giorgio Bianchi nella mia scuola: perché tutti, studenti e professori, ma anche genitori e personale non docente, possano esercitare il loro diritto alla libera informazione, alla critica al pensiero dominante, alla pluralità delle notizie, che sempre più spesso appaiono mirate se non addirittura manipolate dai grandi mezzi di comunicazione, specialmente italiani.

Per capire come ciò non sia facile nella attuale Italia vi racconterò cosa è successo nel mio Istituto. Io presento una richiesta di incontro del fotoreporter Giorgio Bianchi, esperto della situazione in Ucraina fin dal 2014. La inoltro nello stesso modo con il quale lo fanno tutti i miei colleghi e ottengo l’autorizzazione del dirigente scolastico. Appena esce la circolare relativa si scatena una “reazione avversa” da parte di un consistente numero di insegnanti (44 inziali, ai quali se ne aggiungono altri) i quali firmano una lettera alla preside chiedendo l’annullamento dell’incontro. La preside ribatte giustamente che, per una questione di libertà di informazione e di proposta, non ritiene opportuno annullarlo. Chiede una serie di garanzie al relatore, dalla scaletta degli argomenti al “curriculum” e poi alla presentazione della sua attività.

Il giorno 27 maggio 2022, in Aula Magna, alle 11.35, quando sta per iniziare l’incontro, salta la corrente elettrica, che viene ristabilita verso la fine dell’incontro stesso, alle 13.00 circa. La cosa ci sembra molto strana e qualcuno afferma che una cosa del genere non è mai successa negli ultimi venticinque anni al Marie Curie. Chiediamo spiegazioni e ci viene riferito che è saltata in tutto il quartiere. In ogni caso ciò determina la necessità per il relatore di dover parlare e di fare un discorso per un’ora e mezzo senza poter far vedere immagini o video (e senza microfono). L’incontro perciò assume un’altra realtà, in quanto Bianchi avrebbe voluto far “parlare” le immagini e soprattutto rispondere alle domande o obiezioni che fossero sorte guardando i video. Avrebbe voluto fare una “interlocuzione” sia con gli studenti che con i docenti, in particolare con quelli che non avrebbero voluto il suo intervento, per chiedere loro le motivazioni di tale gesto. Ad ogni modo l’incontro si tiene, pur assumendo la forma della conferenza e non quella del dibattito come sarebbe stato nelle intenzioni del relatore, e alla fine vengono poste delle domande cui il relatore risponde.

La partecipazione è risultata abbastanza limitata (solo alcune classi su quasi 1500 studenti) per l’ostruzionismo dichiarato di alcuni docenti e per la “pavidità” della maggioranza degli stessi, che non hanno il coraggio di andare “contro” la narrazione uniforme dei mezzi di comunicazione più influenti in Italia. Alcuni docenti poi hanno fissato verifiche e interrogazioni proprio il giorno 27 maggio, sostenendo di non poter “perdere” due ore alla fine dell’anno per la necessità di avere valutazioni. Come se tale incontro non fosse una opportunità di ampliare le proprie conoscenze e informazioni su un tema di scottante attualità, che poteva essere inserito nell’educazione civica e che potrebbe essere un argomento del tema d’esame per le quinte.

La mia considerazione finale è che, per molti, è stata un’occasione mancata di confronto e di dibattito tra posizioni diverse, nel caso specifico sull’intervento militare “di fatto” offensivo dell’Italia in un conflitto esterno al territorio nazionale.

prof. Pietro Marinelli


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