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Giorgio Bianchi a scuola: le riflessioni degli studenti


Venerdì 27 maggio 2022 è venuto, nell’Aula Magna dell’Istituto del Marie Curie/Piero Sraffa di Milano, il fotoreporter Giorgio Bianchi, invitato da me a parlare della crisi russo-ucraina. Qualche giorno prima del suo intervento, 44 insegnanti, cui si erano aggiunti anche alcuni altri (credo in tutto una cinquantina, su cento settanta docenti della scuola) avevano spedito una lettera alla preside, chiedendo la cancellazione dell’incontro. Tengo a precisare che gli insegnanti avevano chiesto che non venisse Giorgio Bianchi, non che ci fosse un contraddittorio, come erroneamente ha riportato la giornalista Giovanna Maria Fagnani su Corriere della Sera del 28 maggio. Ad ogni modo l’intervento si è tenuto lo stesso, anche se è mancata la corrente (ma tu guarda il caso!) dalle 11.35, momento nel quale Giorgio Bianchi doveva cominciare a parlare, fino alle 13.00, alla fine dell’incontro. Di conseguenza Giorgio Bianchi non ha potuto far vedere le foto e i video che aveva preparato, ma ha dovuto parlare (senza microfono, ovviamente) per un’ora e mezza, dando così un taglio molto più “politico” di quello che avrebbe voluto fare lasciando parlare le immagini. Io poi ho scritto il testo del suo discorso e l’ho fotocopiato, utilizzandolo per la verifica di fine anno di educazione civica nelle mie classi. Avevo già parlato dell’articolo 11, ed ho messo una domanda sulla questione. La domanda era: “Sulla base di quanto stabilito dalla Costituzione, commenta quanto deciso dallo Stato italiano in merito al conflitto russo-ucraino”. Volevo infatti stimolare un giudizio personale sulla decisione di inviare armi all’Ucraina e sulle sanzioni economiche alla Russia.

Devo dire che è venuto fuori di tutto: c’è chi appoggia completamente l’operato del governo: “io credo che lo stato abbia preso la scelta giusta perché in queste condizioni non si poteva fare altrimenti” oppure chi ha compreso la differenza da me fatta tra guerra “de iure” (dichiarata ufficialmente) e guerra “de facto” (interventi militari): “il nostro Paese ha deciso momentaneamente di non intervenire nel conflitto Russia-Ucraina e lo farà solo nel caso che la Russia attacchi uno dei paesi all’interno della NATO, credo che questa decisione sia del tutto legittima perché rispetta la Costituzione”. Altri si pongono qualche problema: “Lo stato italiano ha condannato con fermezza la guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e concordato il sesto pacchetto di sanzioni. Un’eccezione temporanea per il petrolio greggio fornito mediante oleodotto. Il mio commento riguardo a questi provvedimenti è che hanno fatto bene a punire la Russia perché ha fatto una cosa brutta, però è anche vero che ha ragione per degli episodi passati con l’Ucraina”.

Le risposte variano molto da classe a classe; in alcune la maggioranza giudica negativamente l’invio di armi all’Ucraina, in altre lo giudica positivamente “per sostenere l’Ucraina. Penso che l’aiuto sia molto importante, nonostante la situazione di guerra. Si va aiutata una popolazione in difficoltà, con meno difese”. Ben pochi collegano la seconda parte del primo comma dell’articolo 11 alle decisioni del governo “L’Italia ripudia la guerra…. come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, e cercano di giustificare la scelta di “co-belligeranza” operata dal governo Draghi, che, inoltre, non viene mai nominato. Diversi si astengono da ogni commento. “non ho le informazioni necessarie per prendere posizione; so che ha sollevato molte polemiche poiché in contrasto con la Costituzione; mi informerò. Penso anche che non ci troviamo nella situazione e non avendo tutte le conoscenze è difficile commentare”.

Ma forse il commento più riflessivo è quello di una ragazza, che dice:

Non seguo molto il conflitto, ma ripensando alla Costituzione non capisco il mandare le armi... cioè... fin dalle elementari ti ritrovavi a sentire "non si usano le mani per risolvere la situazione, ma il parlare", può anche sembrare inopportuna come cosa perché la questione è molto più grande”.

Pietro Marinelli

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