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francimyrto

Al nostro Jan Palach di Rende 31 Gennaio 2022

Aggiornamento: 14 feb 2022

“Si rinnova il dolore, si ripete il lamento/ folle il corso labirintico della vita “ (Dedica a Faust, Goethe)

Davanti a noi, dopo le scene agghiaccianti del nostro Jan Palach, che ardeva come torcia umana di fronte alla stazione della caserma della polizia, non può che restare come una condanna eterna quell’alleanza inscindibile tra verità e sventura.

Il sacrificio volontario di un ragazzo che avanza come un cervo, passo dopo passo, per consegnarsi ai denti di un branco è possibile più o meno allo stesso modo di un atto volontario teso verso la sventura, da parte di uno spirito che sia in condizione di scegliere e, dunque, di evitarlo.

Ecce homo, questo è l’uomo sembrano gridare le immagini di un corpo arso, spogliato di tutto ciò che è personale e umano, eppure lui, tutto intero nella sua integrità, è l’immagine vivente del sacro, le sue braccia, i suoi occhi, i suoi pensieri, il suo grido di dolore.

Ecce homo, questo è l'uomo e quel che vi è di più sacro in lui non è suo essere persona, né la persona umana, ma solo ciò che in lui è impersonale, è solo e soltanto questo che è sacro.

Ecce homo, questo è l’uomo, torcia vivente umana che imprime con forza un segno alla Terra, l’uomo che sfugge al collettivo, al noi, così come al personale, all’io, e riesce ad innalzarsi verso l’impersonale, facendo emerge in lui quel granello di anima su cui nulla di ciò che è collettivo può minimamente aver più presa. Affiorano la verità, la bellezza e la giustizia che abitano lì dove la persona scompare, dal grido muto che giunge dal fondo del cuore di ogni essere umano appare, come dono ed epifania, il bene che è la fonte stessa della sua sacralità.

Il bene affiora ogni qualvolta che dal profondo di un cuore umano risale quel lamento infantile che Cristo stesso non riuscì a trattenere. “Perché mi si fa del male?”. Emerge dalla sensazione di un contatto con l’ingiustizia attraverso il dolore, si manifesta come protesta impersonale come in Cristo, che fa risuonare nel segreto del cuore il grido silenzioso. Oltre l’intelligenza, è questa parte del cuore l’unica facoltà umana interessata alla libertà e che grida contro il male, la parte più profonda in ogni essere umano rimasta più integra e più pura.

Il linguaggio dei diritti e della dignità ad essi correlati , così come pensati e formulati a partire dal 1789, è ancora una volta impotente e sordo di fronte al grido degli oppressi, e questo perché il diritto non è la stessa cosa della giustizia, la Democrazia è cosa diversa dal bene. Il possesso di un diritto implica la possibilità di farne un uso buono o cattivo, il diritto è estraneo al bene. Il diritto ha in sé uno spirito bellico latente , non contempla nessuna possibilità di amore e carità, è muto di fronte al grido “perché mi si fa del male?”, non risponde al bisogno di giustizia “non è giusto quello che mi stai facendo”, perché discrimina tra “chi ha diritto” e “chi non ha diritto”.

Il diritto è ascrivibile alla sfera della persona e dunque è relativo a tutto ciò che è personale, proprio per questo si colloca ad un rango inferiore e non ha nulla a che vedere con il bene, che appartiene ad un ordine impersonale e divino dell’universo, ha per immagine la giustizia, la verità e la bellezza, che sono sempre dei beni ovunque.

Giustizia e verità, altro non sono che una forma elevata dell’amore puro, tanto che per un’eterna disposizione divina, tutto ciò che l'uomo compie (anche sacrificando la propria vita), se ammantato dallo spirito di giustizia e verità, è rivestito dello splendore della bellezza.

Creonte – “Ma mai un nemico, neanche dopo che è morto, può diventare amico”-; Antigone --“Non sono nata per condividere l’odio, ma l’amore”-; Creonte – Vattene dunque nell’altro mondo e, se devi amare, ama quelli che dimorano laggiù.”- (Antigone, Sofocle )

Franci Myrto


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1 Comment


io tu
io tu
Feb 16, 2022

Che io sappia, l uomo di suo non stava bene

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